L’autrice finalista del Premio Costa Smeralda ha pubblicato Parole d’altro genere edito da Burr
Non deve essere stato facile raccogliere e condensare secoli di storia in un unico volume. Un’impresa per chiunque compresa Vera Gheno, protagonista con Parole d’altro genere, edito da Burr. Eppure non solo ce l’ha fatta ma è riscita a convincere la giuria di qualità, colpita dalle 42 parole legate a temi di stretta attualità. Il libro, finalista nella sezione Saggistica, segue in ordine cronologico alcune delle pagine più rappresentative dei lavori delle donne che non hanno mai smesso di scrivere e di far sentire la propria voce. «Eppure – afferma l’autrice – mi sono reso conto che la varietà di temi che ho toccato riguarda anche la mia vita ».
Come si sente di essere selezionata da una giuria di qualità come quello del Premio Costa Smeralda?
Beh, sarebbe buffo se dicessi che non sono contenta. Ma ho provato un senso di stupore perché generalmente non finisco mai in finale. Devo dire che è un’esperienza abbastanza nuova alla mia veneranda età. Motivo per cui quando uno non se l’aspetta il piacere è ancora doppio.
Si ricorda il momento in cui ha pensato di scrivere questo libro?
Se c’è una cosa che racconto a proposito dei miei testi è il fatto che io non penso mai di avere dei libri da scrivere. Non parto mai con l’idea ben definita, ma mi affido a quelle che chiamo i cercatori di tartufi. Devo proprio la mia attività di scrittrice proprio alle mie editrix (editor in latino ) che, ascoltando ciò che dico nei miei podcast o intercettando ciò che scrivo nei post si immaginano la possibilità di fare un libro su un certo argomento.
Nel caso specifico è Caterina Campanini, che è la mia editrix di Burr, a suggerirmi alcune questioni di femminismo. Dopodiché nel mettere insieme questi testi mi è venuta l’idea di inserire una parola chiave per ognuna delle autrici selezionate in modo da creare una sorta di legame fra le scrittrici e i miei pensieri. Infine c’è l’ultima parte in chiusura di ogni pezzo: un suggerimento di lettura riguardo alcuni saggi di autrici contemporanee. In realtà non si tratta di una regola dato che ci sono delle eccezioni. Ma in questo modo il libro è diventato una sorta di arazzo sia in diacronia, cioè sia nel tempo, sia in sincronia, cioè sia nel presente. Un testo che rappresenta la mia rete di legami, di conoscenze e di testi che mi hanno portato anche verso il femminismo.
Come ha selezionato le storie? Esiste un filo conduttore che si può trovare in questo saggio?
Sulla varietà di temi ho avuto piena libertà. In parte ci sono autrici a me care che volevo celebrare con i fruitori e le fruitrici del libro. In altri casi avevo invece in mente un tema che volevo trattare e avevo bisogno di un’autrice che in qualche modo potesse rispondere alla richiesta che io avevo su quel determinato argomento. Parliamo di racconti, pagine di diario, articoli di giornale, estratti magari da luoghi insoliti che non sono per forza contenuti nel pezzo più famoso. Se dovessimo trovare un filo rosso la cosa che veramente unisce ogni parola è che involontariamente è come se io avessi tracciato una sorta di autobiografia indiretta della mia esistenza.
Oggigiorno quanto è importante per le donne aver trovato maggior spazio per esprimersi?
Sicuramente oggi per una donna è più facile pubblicare. Banalmente perché può studiare. In più ci troviamo in un momento storico in cui la società forse sta un po’ riflettendo sui propri bias che magari finora erano nati per naturali e scontati. Ancora oggi nel campo letterario continuano a esserci tanti pregiudizi sulla scrittura delle donne, considerata femminile e quindi leggibile soltanto da loro.
Poi c’è sempre una questione che forse ancora adesso molte donne non ritengono di avere granché da scrivere. Una specie di sindrome dell’impostore (o dell’impostora) che porta ad avere una maggiore esitazione iniziale nell’intraprendere il lavoro. Forse sull’autostima femminile abbiamo ancora da ragionare.
Però comunque c’è una maggiore presa di coscienza anche attraverso il linguaggio.
Sì, soprattutto mi viene da dire che una delle basi dell’emancipazione femminile sta proprio nella presa di coscienza dei mezzi a disposizione. Da questo punto di vista credo che oggi, almeno in molti paesi del mondo, non ci sono delle discriminazioni o degli sbarramenti a livello biologico. Dopodiché siamo bravissime, anche a crearci degli sbarramenti da sole. Un comportamento che ho notato soprattutto quando mi trovo di fronte alle studentesse universitarie che devono essere in qualche modo convinte e spronate a dire la loro.
Quale autrice o parola che hai raccolto in questo libro ti appartiene di più?
Non lo so, in realtà. Non c’è una parola alla quale poi io sia più affezionata che alle altre. Le dico invece una parola che mi sono resa conto che mancava: la rabbia. La rabbia femminile è spesso squalificata e viene scambiata per isteria o altro, quando invece ci sono dei momenti in cui non si possono, secondo me, dire le cose con gentilezza. E questa è una cosa che mi ha insegnato Michela Murgia e che non dimenticherò mai.
Riccardo Lo Re