Durante l’intervista all’evento Più Libri Più Liberi, lo scrittore Premio Strega ha sollevato una interessante discussione riguardo al nostro rapporto con le intelligenze artificiali
La tecnologia si è integrata così profondamente nelle nostre vite che, con il costante avanzare del progresso informatico, diventa sempre più realistico immaginare un futuro in cui le macchine non soltanto si avvicineranno a noi nell’aspetto, ma potranno persino superarci in quanto a capacità. Tuttavia, c’è una distinzione fondamentale che ci separa ancora da esse: la capacità di desiderare.
Durante un’intervista per il programma radiofonico L’isola deserta su Rai Radio 3, condotta da Chiara Valerio e registrata in differita il 9 dicembre scorso durante la manifestazione Più Libri Più Liberi, lo scrittore Paolo Giordano ha sostenuto una riflessione affascinante riguardo il rapporto della società con le intelligenze artificiali: quale sarebbe l’utilità di utilizzare macchine avanzatissime se queste sono slegate dai nostri desideri? Le innovazioni tecnologiche, infatti, non sono necessariamente guidate dalle nostre esigenze umane più intime, e spesso noi stessi utilizziamo strumenti o dispositivi molto avanzati senza considerare se questi soddisfino realmente le nostre vere necessità, subendo invece in maniera passiva il peso di questo progresso.
Il fantasma dentro la macchina
L’affermazione di Paolo Giordano ha suscitato una riflessione più ampia sul legame che intercorre tra umanità e tecnologia anche da parte della giudice del Premio Costa Smeralda. Attraverso un post sul suo profilo Instagram, la scrittrice e matematica ha evidenziato il ruolo cruciale del desiderio nell’esistenza umana, interrogandosi sull’abilità dell’intelligenza artificiale di comprendere o nutrire questo aspetto in contesti dove rischia di essere trascurato.
La capacità di desiderare è una caratteristica intrinsecamente umana, che ci spinge senza sosta a creare legami e perseguire traguardi personali. Ma sarà sufficiente trasmettere tale comprensione alle IA per “renderle più sensibili” alle nostre necessità e al modo in cui interagiamo con il mondo? È ancora presto per dirlo con certezza, ma con la rapida crescita del progresso informatico, in un futuro non troppo lontano, forse anche gli androidi sorgeranno per davvero pecore elettriche.
Francesco di Nuzzo
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