La memoria non ha un peso fisico, eppure ci accompagna in ogni scelta che compiamo. È una parte integrante del nostro essere e ci aiuta a comprendere il passato, vivere il presente e progettare il futuro. Senza di essa, saremmo solamente dei automi privi di personalità e – soprattutto – storia. Ma cosa succede che l’unica cosa che puoi fare è proprio rievocare il doloroso ricordo di un tempo che non può ritornare? Nel suo ultimo romanzo “Nessuno ritorna a Baghdad” (Bompiani, 2019) Elena Loewenthal – tra le massime studiose della tradizione ebraica – ripercorre, con umorismo e nostalgia, le vicende di una famiglia ebrea in esilio, un viaggio nella memoria e tra le generazioni che riporta, tra piccoli dettagli e ricordi sbiaditi, quello che è il destino collettivo di tutto un popolo, quello della diaspora.
Con fame e nostalgia
Nessuno può sottrarsi al peso del ricordo e quella del popolo ebraico è una storia che attraversa i millenni. La memoria è proprio il filo conduttore del racconto e nelle vicende di una famiglia ebrea mizrahi, scappata da Baghdad dopo il secondo conflitto mondiale, con cui Elena Loewenthal intesse un avvincente affresco sulla memoria, dove ogni filo affronta un secolo di viaggi, sradicamento e speranze, e all’umorismo si uniscono le delusioni e la nostalgia degne delle grandi saghe familiari. Il viaggio della famiglia comincia in una Baghdad all’inizio del Novecento e attraversa il mondo, toccando città internazionali come New York, Milano, Gerusalemme, Londra, Haifa, Teheran e Madrid. Questi viaggi, segnati dalla lontananza dagli affetti, rappresentano una necessità di andare oltre i confini del proprio mondo e una scelta coraggiosa che comporta l’accettare il non poter più tornare alla vita per come era prima. perché con il peso del ricordo niente può rimanere indifferente.
Francesco di Nuzzo