Abbiamo intervistato la giudice del Premio Costa Smeralda in occasione della prossima edizione
Scrittrice, editorialista e responsabile editoriale, Chiara Valerio è dal 2022 uno dei membri della giuria del Premio Costa Smeralda. In vista della prossima edizione del premio, abbiamo avuto l’opportunità di intervistare la scrittrice, la quale ha gentilmente accettato di condividere con noi alcune riflessioni sui premi letterari, sulle nuove tendenze contemporanee e sull’influenza dei social media nella letteratura.
Nuova edizione, nuova rosa dei libri. Cosa si aspetta da quest’anno?
Mi aspetto di confermare la varietà dei libri che l’anno scorso abbiamo proposto nella prima edizione di questa giuria del Costa Smeralda, e mi aspetto che ci sia anche qualche nome anagraficamente più giovane di quelli che abbiamo nominato l’anno scorso.
Cosa le ha lasciato la precedente edizione del Premio Costa Smeralda?
Una grande allegria nella discussione, nella scelta della rosa degli scrittori e delle scrittrici, di saggisti delle saggiste, una discussione fatta di persone che non hanno votato né a maggioranza né al buio, ma che si sono assunte in qualche modo l’onere e l’onore di scegliere e di dire un nome con grande schiettezza intellettuale. O mimando una grande schiettezza intellettuale, che alla fine è la stessa cosa.
Com’è il rapporto con gli altri giudici?
Eccezionale, nel senso che si ride molto e io penso che siccome la confidenza è il controllo della cautela e la letteratura ha a che fare con la confidenza e non la cautela mi sembra un rapporto eccezionale.
Come avviene il processo di selezione dei libri in concorso?
Siccome non sono libri che vengono proposti dalle case editrici, ma vengono proposte da ciascuno dei giurati, ciascuno di noi – che siamo sostanzialmente tutti quanti abbastanza sovrabbondanti – da un certo numero di titoli, sia per la narrativa che la saggistica, che oscillano diciamo tra i 10-15. Dopodiché ci rivolgiamo tra di noi e poi veniamo e ne discutiamo.
Quali sono le tendenze emergenti nella letteratura contemporanea?
Le rispondo in questo caso da responsabile della narrativa italiana di Marsilio, perché è più facile. Ho notato che dalla pandemia in poi ci sono più storie e meno autobiografie, o meno scritture autobiografiche quantomeno. Meno autofiction, per dirla alla francese. Nel senso che le biografie hanno personaggi celebri, invece la vita grazie al cielo fino a quando ce l’abbiamo ce l’abbiamo tutti. Però ho notato un ritorno alla storia e un ritorno alle subordinate, cosa che mi sembrava molto molto strano, ma evidentemente la dilatazione del tempo ha portato una dilatazione allo svolgimento della frase.
Come considera l’equilibrio tra la letteratura commerciale e quella più impegnata?
Essendo cresciuta in un paese senza una libreria, ma solamente con una cartolibreria e un’edicola non mi è mai piaciuto e non mi fido della differenza tra letteratura alta e letteratura bassa. Penso che all’interno di varie categorie che comunque rimangono categorie merceologiche – quindi poco interessanti dal punto di vista del lettore – ci sia il meglio e il peggio in ciascuna categoria, sia quella nella cosiddetta letteratura alta sia nella cosiddetta letteratura commerciale. Ma ribadisco che non sono distinzioni che mi interessano. Io tendo ad aggregare e non a distinguere.
Qual è l’impatto dei social media sulla letteratura contemporanea e sul ruolo dei premi letterari?
Probabilmente eccezionale, ma non so se camperò abbastanza per vederlo. Nel senso che stanno riportando quella frammentazione settecentesca, quei res gestae, quei gentleman’s chronicles per essere più precisi, che fanno sì che le storie non siano più solo quello che ci ha detto con prepotenza e risolutezza il romanzo dell’Ottocento, cioè non è che l’immaginazione è ciò che guida tutto. Il romanzo è un aggregato miscellaneo di tante cose, e quindi questi social che tutti insieme sono tante cose, prendono pezzi e in questi pezzi ricostruiscono storie e filoni, inventano, immaginano, forse potrebbero dare una mano a ritornare, diciamo, a quelle scritture ibride che sono più umane. Io d’altronde penso che tutto ciò che è scritto abbia un che di romanzesco o tenda al romanzo al limite, nel senso che il tempo romanzifica e non diciamo saggifica
È possibile riscoprire il piacere della lettura?
Ci sono due questioni. Siamo in un periodo storico in cui leggiamo sempre, leggiamo qualsiasi cosa. Quindi non abbiamo forse un piacere nella lettura, ma abbiamo una funzionalità di lettura. È possibile che questa funzionalità di lettura sui dispositivi e su altre cose porti a un piacere di lettura di libri. È possibile o forse no, non lo sappiamo, fino ad oggi. Siamo in un periodo di passaggio, penso che quella che lei chiama il piacere della lettura dipenda dal fatto di avere o non avere i libri in casa, quindi di considerare il libro un oggetto di uso quotidiano oppure no. Quindi la prima cosa che bisognerebbe fare regalare a ciascun bambino e bambina che nasce – o ciascun bambino bambina che arriva, sperando che a un certo punto diciamo la legge sulla cittadinanza cambi – regalare un basket, un cesto di 6 libri per vedere cosa succede. Penso che comunque parlare di ciò che i libri portano con sé, tra cui i premi letterari, sicuramente una cosa utile e anche che è divertente fare.
Come sta cambiando la fruizione della letteratura con l’avvento del digitale?
Questo è sempre X secolo bizantino: quando cambia il dispositivo cambiano le storie. Quindi possiamo solamente dire che i dispositivi cambieranno le storie. Questo, come Giovanni Damasceno, “non dirò nulla di mio”.
Cosa possono dare queste nuove forme di comunicazione alla letteratura?
L’idea che non esista un’interezza e che non tutto è controllabile, che dovrebbe essere diciamo il principale obiettivo della letteratura: mantenere, diciamo, la curiosità sull’incertezza. coltivare l’incertezza come forma umana e come unica forma umana, l’incertezza.
Qual è stata la scintilla che ha fatto nascere la sua passione per la letteratura?
“Uccelli di rovo” perché quando sono nata c’era la serie in televisione e siccome io non avevo la televisione, ma sentivo parlare di tutta questa cosa qui e Mia madre aveva in casa il libro di Colleen McCullough, quindi ho letto questo libro. E soprattutto “Memorie di Adriano” di Marguerite Yourcenar, perché c’erano gli apparati e perché mi piaceva molto la storia romana. Ero piccolina, avrò avuto 10-11 anni.
Francesco di Nuzzo