L’intervista realizzata da Giandomenico Mele alla biologa marina, divulgatrice scientifica e fondatrice di Worldrise.
«Per me è molto importante ricevere questo Premio. Ne sono onorata, ma soprattutto l’importanza di questo riconoscimento in qualche modo sottolinea l’importanza del lavoro che sto portando avanti per la riconnessione delle persone con il mare, per riconoscere anche l’importanza fondamentale che il mare ha come linfa vitale del nostro pianeta». Esordisce così Mariasole Bianco, divulgatrice scientifica e fondatrice di Worldrise che proprio quest’anno si è aggiudicata il Premio Cultura del Mediterraneo durante la cerimonia del Premio Costa Smeralda al Conference Center a Porto Cervo.
Per la biologa il mare ha un ruolo centrale. «Ci dà più del 50% dell’ossigeno che respiriamo. Assorbe anidride carbonica. Regola il clima di tutto il pianeta ed è per miliardi di persone una fonte importantissima di sostentamento. Dobbiamo renderci conto che la nostra esistenza dipende dal mare ma il futuro del mare dipende da tutti noi. Abbiamo un grandissimo strumento per poterlo proteggere ma non solo tutelando la biodiversità ma facilitando anche quello sviluppo sociale ed economico delle popolazioni locali».
Con le aree marine protette anche l’Italia può raggiungere un importante obiettivo: quello di proteggere in maniera efficace almeno il 30% dei mari entro il 2030. «Questo permetterà di salvaguardarne la funzionalità (l’ossigeno che respiriamo, la produttività (il cibo che mangiamo e che alimenta migliaia di persone sul pianeta) e soprattutto la sua biodiversità che è il patrimonio genetico del nostro pianeta. Questa è una rivoluzione culturale ancora prima che ambientale perché deve rivedere un po’ il nostro rapporto con il mare e con questa linfa vitale che supporta la nostra stessa esistenza. Ci dobbiamo impegnare per poterlo salvaguardare con una priorità massima perché in realtà la nostra stessa esistenza, la nostra vita dipende dalla sua salute».
Ha scelto di vivere in Sardegna e di avere in Sardegna la sede della sua onlus Worldrise. Da che cosa nasce questa scelta?
«La Sardegna in qualche modo ha indirizzato la mia vita, la mia carriera perché sono stata così fortunata da passare tre mesi d’estate qui da quando sono bambina. IL rapporto con la natura in quelle estati era altissimo nel senso che mi trasformavo in una sorta di Mowgli sempre con i piedi nudi, ginocchia sbucciate, vivevo praticamente in acqua. Non aspettavo neanche le fatidiche due ore dopo pranzo. Questo naturalmente guardandomi indietro ha determinato il fatto che io fossi connessa alla natura e avendo vissuto queste esperienze la volontà e la responsabilità che mi sono sentita di occuparmi della sua salvaguardia. Questo è un tema molto importante perché quando parliamo anche di tutte le problematiche che in qualche modo affliggono il futuro del nostro pianeta e dell’umanità ci dimentichiamo oltre la parte del cambiamento climatico, la sovrapesca in mare, l’inquinamento, ci dimentichiamo di questa disconnessione che abbiamo con la natura. La Sardegna mi è entrata nel cuore e non riesco a starne lontana. Penso che abbia una potenzialità enorme in termini di valorizzazione del territorio e della creazione di un nuovo modello di sviluppo che sia in armonia con l’ambiente e che possa giovare le comunità locali di appartenenza con nuove opportunità di sviluppo sia sociale ed economico».
Qual è la prossima sfida?
«Abbiamo definito una strategia molto precisa e la nostra sfida principale nei prossimi anni sarà quella di facilitare proprio la protezione del 30% dei mari italiani entro il 2030. Non saremo noi a proteggerli. C’è tanto lavoro da fare dietro per fare in modo che questa protezione venga implementata e soprattutto che sia impostata in maniera efficace con le competenze necessarie che ci vogliono per gestire le aree marine protette. Serve conoscere tutto il contesto legislativo per poi fare in modo che le regole vengano rispettate e che tutti questi strumenti che abbiamo possano esprimere al massimo il loro potenziale. Per questo serve una corretta gestione. Lavorare in quella direzione per noi è fondamentale. Naturalmente tutto parte dalla consapevolezza. Dobbiamo fare ancora un grandissimo lavoro di comunicazione, di divulgazione e di sensibilizzazione circa l’importanza del mare per fare sì che questo sia un cambiamento sul lungo termine voluto dalla cittadinanza e anche da vari settori della società che lavorano insieme per chiedere questo cambiamento. Una rivoluzione culturale che dobbiamo fare insieme. Non possiamo più agire a compartimenti stagni ma dobbiamo allearci ognuno con i suoi mezzi per creare questo cambiamento positivo. Possiamo farcela».
Giandomenico Mele