Il commento della scrittrice dopo il cessate il fuoco in Palestina e il ritorno degli sfollati dopo il conflitto
Dopo l’accordo tra Israele e Hamas del 15 gennaio è iniziato il cessate il fuoco nella Striscia di Gaza. 15, come i mesi di guerra che hanno causato oltre 46mila morti secondo i dati degli operatori sanitari locali. In ragione di questi numeri la difesa di questa tregua è indispensabile per tutti come sostiene a chiare lettere Elena Loewenthal in un editoriale pubblicato su La Stampa. «Lo è per tutti: per gli ostaggi che tornano a casa benché con uno stillicidio che procura tanta felicità quanta preoccupazione, per i palestinesi della Striscia, dove il cielo silenzioso in assenza di aerei che sganciano bombe è sinonimo di vita tanto quanto gli aiuti che stanno arrivando in massa dal valico con Israele».
Per la scrittrice, nonché giudice del Premio Costa Smeralda, la tregua è così fragile e preziosa «che dovremmo averne cura tutti, anche noi che viviamo al sicuro, nei nostri continenti pacificati. E guai a tentarla, questa tregua. A offenderne le intenzioni, a calpestare la sottilissima linea di confine che sta fra il rispetto e la provocazione».
In un periodo complesso e delicato per il Medio Oriente Gaza si trova in questo caso in un bivio tra «conflitto permanente» o uno spiraglio di pace o di convivenza. Proprio per questo ogni singola azione potrebbe essere controproducente per mantenere un equilibrio fragile dopo il conflitto. Loewenthal cita «l’ostentazione di forza e violenza da parte di Hamas alla restituzione degli ostaggi», e «le parole di Trump in merito al trasferimento dei profughi palestinesi in Egitto e Giordania». Ma c’è molto lavoro da fare. La ricostruzione deve ripartire da delle fondamenta solide che non riguardano solo gli edifici, ma le relazioni tra i popoli. «Tanto deve ancora finire, laggiù: l’odio e l’educazione all’odio, la pratica del terrore, la paura e la diffidenza, l’assenza di minimi principi di democrazia» prosegue l’autrice. Ma c’è un elemento che accomuna entrambe le popolazioni: la speranza «che tutto questo orrore prima o poi finisca».
Riccardo Lo Re