Nel volume Le origini della navigazione di Massimo Baldacci per la prima volta viene descritta quella che si potrebbe definire come globalizzazione culturale e commerciale dell’Età del Bronzo, analizzando lo strumento che, per velocità e per la più ampia percorrenza, ne permise la realizzazione, la nave.
Se l’Atlantico è il mare della distanza e l’Adriatico quello dell’intimità, il Mediterraneo è il mare della vicinanza, secondo una indovinata definizione dello scrittore e accademico croato Matvejevic. Pur nella frammentarietà dei dati archeologici ed epigrafici oggi disponibili, è infatti possibile – già dall’Età del Bronzo – disegnare un comune percorso per le Civiltà che sul Mediterraneo si affacciarono: gli interscambi di merci hanno infatti favorito contatti sempre più stretti e frequenti tra le popolazioni e tramite i mercanti e le loro navi ben presto si trovarono a viaggiare insieme alle mercanzie anche le culture e le lingue e i miti. Nell’Italia meridionale in particolare, tra le fasi del Protoappenninico e del Subappenninico, molti insediamenti si vennero a strutturare lungo le rotte commerciali, attratti da guadagni costituiti dai traffici marittimi, fungendo da sedi di ricovero per le navi o da centri per la diffusione di manufatti o di tecnologie, molto spesso reinterpretate: le ceramiche, ad esempio ma non solo, pur mantenendo le tipiche caratteristiche di origine furono rapidamente rielaborate da maestranze del posto per adattarle al gusto locale.