Elena Loewenthal è intervenuta con un editoriale dopo l’episodio di Selva di Cadore
Sta facendo rumore la notizia di un hotel bellunese che si è rifiutato di accogliere un gruppo di turisti israeliani sulle Dolomiti. Una coppia di Tel Aviv avrebbe voluto pernottare in un albergo di Selva di Cadore, l’Hotel Garni Ongaro. Ma poco prima della partenza nello spazio del portale di Booking.com riservato agli utenti è arrivato un messaggio inequivocabile. La presenza di israeliani non è gradita «in quanto responsabili del genocidio. Pertanto, se desideri cancellare la tua prenotazione, sarai felice di farlo e noi saremo lieti di concederti la cancellazione gratuita».
L’episodio, si legge sull’Ansa, è stato reso noto dal sito della comunità ebraica di Milano Bet Magazine Mosaico. Elena Loewenthal, giudice del Premio Costa Smeralda, ha scritto un editoriale su La Stampa con un giudizio chiaro e netto sul messaggio ricevuto dai clienti diretti in Cadore: «Questa modalità quanto meno imbarazzante è solo l’ultimo, paradossale tassello di una vicenda semplicemente obbrobriosa in cui c’è solo un vincitore indiscusso. Anzi due: il pregiudizio e la stupidità».
Per l’autrice è sbagliato giudicare a prescindere una persona sulla base delle scelte del suo Governo. Ciò è successo proprio a due turisti israeliani accusati di genocidio dagli albergatori di Belluno che in questo modo si sono sentiti «a posto
con la propria coscienza». «No, signor Patrick Ongaro – afferma la scrittrice – le cose non funzionano così: le cause -giuste o sbagliate che siano – non si combattono dando mostra della peggiore intolleranza che ci sia».
Allo stesso tempo impedire l’ingressonel proprio hotel a due ospiti perché il loro Paese è ritenuto colpevole di gravi crimini (in questo caso di genocidio secondo i titolari) significa dover negare l’accesso nel suo hotel «a una lunga lista di passaporti. E invece, guarda caso, stiamo ancora una volta parlando di Israele, di cittadini israeliani».
Questo è solo uno dei tanti episodi emersi in Italia che coinvolgono cittadini israeliani. «Un’orrenda storia di cui tutti noi, ebrei d’Israele e della Dia- spora, vorremmo tanto non sentir più parlare. L’antisemitismo c’è eccome, e ha questo nome qui. E succede. E di “vietato l’ingresso a ebrei e cani” veramente non se ne può più», conclude Loewenthal.
Riccardo Lo R