La celebre intellettuale non ha dubbi: «Bisogna recuperare il piacere della lettura. Giovani, meno giovani, diversamente giovani, anziani: la letteratura deve guardare a tutti»
Alla domanda di che cosa si aspettasse da questo Premio, Elena Loewenthal ha prontamente risposto con estrema chiarezza: «Mi aspetto dei vincitori con dei bei libri». È così è stato, grazie a un’attenta selezione delle due terzine finaliste. Una leggerezza, quella di Loewenthal, che sottolinea quanto il lavoro compiuto fino alla designazione dei due vincitori sia servito a ricondurre verso quello che lei stessa definisce il piacere della lettura: «Io credo che si debba recuperare questo valore».
«I libri» – prosegue Loewenthal – «devono insegnare, far riflettere, ma devono anche destare nel lettore quella cosa che si chiama “piacere”, che è il gusto di affrontare un testo scritto. E questo è ciò che si aspettava dai libri vincitori di questo Premio». Ed è questo che abbiamo avuto.
Stile e contenuto sono i due elementi che tengono insieme un libro. E il successo sta nel creare quella giusta armonia che porta a scorrere le pagine senza sosta. Elena Loewenthal, scrittrice ed editorialista per La Stampa e Tuttolibri, sa che un buon libro per essere tale deve «regalare ai lettori il piacere di un’esperienza». Un obiettivo condiviso con il Premio Costa Smeralda, ponendosi come punto di incontro tra autore e il suo fruitore. Un dialogo possibile grazie alla bellezza della letteratura in tutte le sue sfumature.
«Letteratura e scrittura sono entrambi esercizi di grande libertà. Quindi io credo che in questo momento, più che mai, ci sia una commistione di generi, un modo diverso di porsi dell’autrice o dell’autore nei confronti della pagina. Il che comporta una grande varietà di esperienze di scrittura e quindi di lettura».
Una passione per il libro cartaceo, sicuramente, ma nessun discrimine per i dispositivi digitali: «Personalmente mi piace avere un libro di carta sottomano, ma non credo che necessariamente si debba vivere con sofferenza il passaggio a quello digitale. Certo, il libro di carta può essere lavorato, si possono mettergli le orecchie, però è vero che la lettura resta la stessa anche sul dispositivo digitale».
E i lettori ai tempi dei social? Anche i giovani vanno aiutati a recuperare il piacere della lettura, perché è sì un’esperienza di conoscenza ma anche di divertimento, nel senso più profondo del termine: «Gli scrittori devono sempre puntare ai nuovi lettori. Mi riferisco soprattutto ai giovani, per i quali la lettura è diventato un esercizio quasi strano». C’è un universo di potenziali lettori là fuori: «Giovani, meno giovani, diversamente giovani, anziani: la letteratura deve guardare a tutti».
Arianna Pinton