La scrittrice e giudice del Premio: «Perché un ex fidanzato ai domiciliari per aver gettato dell’acido alla fidanzata riesce ancora accoltellarla alla schiena?»
Non passa giorno che non si senta parlare di violenza sulle donne. L’ultimo episodio è successo a Giussano, nella provincia di Monza e della Brianza in Lombardia. Un uomo, ai domiciliari per aver aggredito con l’acido la fidanzata, è evaso per accoltellarla fuori da un centro commerciale. La donna, 24 anni, fortunatamente è fuori pericolo nonostante sia stata ricoverata in codice rosso all’ospedale San Gerardo di Monza. Il gesto è purtroppo l’ennesimo segnale di un fenomeno – la violenza sulle donne – che va affrontato non tanto con parole e slogan ma con progetti e azioni concrete.
«Perché un ex fidanzato ai domiciliari per aver gettato dell’acido alla fidanzata riesce ancora accoltellarla alla schiena?» si chiede Elena Loewenthal in un commento pubblicato sul giornale La Stampa. La scrittrice e giudice del Premio Costa Smeralda trova inconcepibile che un episodio del genere si verifichi ancora nel nostro Paese. «Chissà quanta paura e quanta sfiducia nel mondo e nel prossimo, si deve covare a confrontarsi con un prossimo così, fatto di un ragazzo di ventiquattro anni – Said Cherrah – incapace di accettare che lei non è più né è mai stata sua, e capace di fare tutto questo e chissà d’altro ancora. Un prossimo fatto però anche di tutto quel resto del mondo che non è stato capace di proteggere lei e tenere a bada».
Il caso di Giulia Cecchettin ha di fatto acceso i riflettori su un problema che tocca la società nel complesso. Per l’autrice «oggi c’è, purtroppo, anche una tragica normalità in questa violenza, una terribile e inconcepibile banalità di quel male che esplode nella furia di un uomo contro una donna. Una “normalità” tale per cui questa violenza si ripete, prende forme diverse, si accanisce e diventa, sì, una perversa abitudine».
Elena Loewenthal parla di «sconfitta della nostra società». Ma qualcosa deve cambiare dopo gli ultimi fatti di cronaca: l’arroganza sanguinosa di tutti quei lui che fanno della violenza abitudine, l’insicurezza più che fondata di tutte quelle lei che vivono braccate dalla paura e dalla sfiducia».
Riccaro Lo Re