Con un intervento pubblicato su La Stampa il vincitore del Premio Speciale 2023 pone un’importante riflessione sulla responsabilità umana nei disastri naturali
Era la sera del 9 ottobre 1963 quando una grande frana si staccò dal monte Toc, nelle Prealpi bellunesi e cadde nel lago artificiale creato dalla diga del Vajont, provocando il cedimento della stessa. Questo disastro, causato da una serie di errori di progettazione amplificati dalle condizioni geologiche avverse della zona circostante, provocò un’ampia inondazione che colpì il comune di Longarone e diversi altri nella valle sottostante. In quella che è considerata una delle più grandi tragedie della storia d’Italia persero la vita 1.910 persone, tra cui 487 bambini.
La tragedia del Vajont rappresenta una lezione troppo spesso dimenticata che Mario Tozzi, premiato con il Premio Cultura del Mediterraneo il 6 maggio scorso a Porto Cervo, ha voluto ricordare con una personale riflessione pubblicata sulle pagine del quotidiano La Stampa in occasione dell’anniversario del crollo della diga. Nel suo intervento, il geologo e divulgatore scientifico analizza le conseguenze del disastro e la responsabilità umana in questi drammatici eventi. Egli sostiene che gran parte dei disastri naturali sia in parte provocata dalle azioni umane, come l’eccessiva urbanizzazione in zone a rischio e la ricerca incessante di profitto economico. L’unico modo per prevenire ulteriori tragedie è promuovere la conservazione del territorio e frenare l’irresponsabile sfruttamento delle risorse naturali. Questo richiede un approccio sostenibile e la coesistenza armoniosa tra l’umanità e l’ambiente, la “casa” che tutti abitiamo e che si sta lentamente, ma inesorabilmente, sgretolando sotto i nostri stessi piedi.
In effetti, sono molte le somiglianze che uniscono il crollo della diga ai numerosi eventi eccezionali verificatisi negli ultimi anni anche a causa dell’aggravarsi della crisi climatica. Perfino l’attuale sciame sismico che sta colpendo i Campi Flegrei – un’area vulcanica storicamente esposta al rischio sismico – dovrebbe costituire un campanello d’allarme simile a quelli del tragico episodio del Vajont. Tale tragedia è stata segnata da avvertimenti purtroppo ignorati, che potevano essere evitati e che, pertanto, non dovremmo mai più dimenticare
Francesco di Nuzzo
Immagine: VENET01, wikipedia