Si è spento a 89 anni uno dei narratori più influenti della letteratura americana contemporanea
C’è poco da aggiungere quando ci lascia una leggenda. E a 89 anni Cormac McCarthy nella leggenda ci è entrato di diritto, così come i personaggi che popolano il suo immaginario apocalittico. Originario di Providence, nel Rhode Island, Cormac McCarthy ha conosciuto un apprezzamento di pubblico e critica quasi senza precedenti per un autore contemporaneo, tanto che persino il critico Harold Bloom – curatore del “Canone Occidentale” – lo considerava come parte dei magnifici quattro della letteratura americana, a fianco di Pynchon, Don DeLillo e Philip Roth. In occasione della sua scomparsa avvenuta il 13 giugno, Stefano Salis, giornalista e direttore artistico del Premio Costa Smeralda, lo ha ricordato con un articolo pubblicato sul Sole 24 Ore che ne celebra la figura e l’importanza che ha avuto per tutta la letteratura contemporanea.
Lo sguardo del cosmo
L’orizzonte dei romanzi di Cormac Mccarthy assume spesso una dimensione biblica, questo perché il protagonista delle sue opere non è soltanto l’uomo, con la sua cattiveria e insensatezza, quanto i grandi temi che travalicano la storia: l’etica, il male, il destino avverso e l’inevitabile caduta. In tutta la narrazione resta come osservatore silenzioso il cosmo universale della natura, una divinità distante fatta dagli oceani delle praterie americane e dalle montagne rocciose che abbracciano e spaventano, salvano e condannano. Questo è lo spettacolo più grande che McCarthy ci ha regalato, forse perché, proprio come il titolo del suo romanzo più celebre, anche lui si sentiva già troppo vecchio per l’insensatezza della vita. L’immagine che McCarthy ha voluto raccontare dell’uomo non è quella del cowboy senza macchia alla John Wayne, tutt’altro. John Grady, così come Il ragazzo e il padre, sono lontani dall’essere eroi. Sono mostri, uomini che vivono al di là di un tempo ormai abbandonato, che lottano e si aggrappano a tutto pur di essere sé stessi, fino alle tragiche conseguenze. Per questo è difficile non nominare un romanzo che non abbia lasciato un segno nel cuore dei lettori: Meridiano di Sangue, La Strada, Cavalli Selvaggi fanno tutti parte di un’epica americana dalla prosa tanto asciutta nei dialoghi quanto aperta e travolgente negli ambienti, dove la natura e il divino si mostrano ineluttabilmente in tutta la loro terribile potenza. Impossibile, infine, non citare anche il rapporto con il cinema di “Non è un paese per vecchi“, romanzo cult adattato per il grande schermo dai fratelli Coen, campione d’incassi e quattro premi Oscar, tra cui come miglior film e miglior regia.
Francesco di Nuzzo