L’intervento di Ginevra Lamberti sul giornale Domani. Un commento duro sull’impotenza delle donne di fronte ai ripetuti casi di violenza subiti
A un anno esatto dal ritrovamento del corpo di Giulia Cecchettin (avvenuto tra Barcis e Piancavallo, in provincia di Pordenone), qualcosa è cambiato. Non si parla del carnefice (Filippo Turetta) e del suo “raptus” (concetto che non esiste se non come termine vuoto e superficiale utilizzato erroneamente dalla stampa). Il femminicidio di Giulia Cecchettin è stato uno spartiacque che ha cambiato la nostra visione della violenza privata. Al centro c’è la vittima, «la compagna d’università, l’amica, la sorella, la figlia di tutti quanti» ha dichiarato sull’Ansa Elisa Ercoli, presidente di Differenza Donna (l’associazione che gestisce il 1522, il numero antiviolenza della presidenza del Consiglio dei Ministri-Dipartimento Pari Opportunità). «Giulia ha subito violenza psicologica, non è mai stata picchiata o ha subito violenza fisica. Eppure è stata uccisa in un’escalation di potere e controllo letale che ha portato a un femminicidio».
È proprio su questo punto che Ginevra Lamberti, finalista del Premio Costa Smeralda, ha voluto porre l’accento con un commento da leggere sul giornale Domani. Un articolo, “La banalità di pretendere di non essere mai più uccise”, che non si vuole soffermare sui numeri freddi esposti dalle diverse associazioni ma sulle sensazioni emerse da singoli episodi. «È capitato che trascorressimo giorni e notti, o vite intere, con persone che potevano accarezzarci il collo. Sempre pensavamo, da qualche parte neanche troppo in fondo alla coscienza, che quella mano poteva strangolarci. (…) Raramente ci siamo immaginate non in fuga. Era normale mandare un messaggio ad almeno un’amica in modo che sapesse dove eravamo e con chi. L’assunzione di responsabilità personale era comunque questione di nostra esclusiva competenza. Così, sempre e in ogni caso, nostra era la colpa».
L’Osservatorio Nazionale Femminicidi Lesbicidi Trans*cidi di Non una di meno parla di 104 delitti. L’Ansa, prendendo i dati del ministero dell’Interno, racconta invece di 90 femminicidi con una leggera diminuzione del 6% rispetto all’anno precedente. «Ma flessione per noi non significa nulla. È un concetto vuoto. Non ospita consolazione né speranza. (…) Qui – conclude la scrittrice – nessuna spera che ci concediate di continuare a vivere, in compenso tutte pretendiamo di non essere mai più uccise».
Riccardo Lo Re