Il commento della sociolinguista Vera Gheno dopo la pubblicazione della nota firmata dal Capo Dipartimento Carmela Palumbo
No ad asterischi e schwa nelle comunicazioni ufficiali delle scuole. A stabilirlo è il Ministero dell’Istruzione dopo la pubblicazione di una circolare firmata dal Capo Dipartimento Carmela Palumbo. Il Ministero è entrato nel merito sull’impiego del simbolo grafico dell’asterisco (*) o dello schwa (ə) dopo la pubblicazione di una serie di note ufficiali da parte di alcune istituzioni scolastiche. L’Accademia della Crusca, si legge nella circolare, ha avuto modo di chiarire più volte che l’uso di segni grafici, come gli asterischi o di altri segni al posto delle desinenze «non è grammaticalmente corretto secondo le attuali regole della lingua italiana».
Il Ministero cita una nota del 24 settembre 2021 pubblicato sul sito istituzionale dell’Accademia della Crusca dove si afferma che “L’asterisco non è […] utilizzabile, a nostro parere, in testi di legge, avvisi o comunicazioni pubbliche, dove potrebbe causare sconcerto e incomprensione in molte fasce di utenti, né, tanto meno, in testi che prevedono la lettura ad alta voce.”.
In più si sostiene che sul piano grafico «il segno per rappresentarlo (la e rovesciata) non è usato come grafema neppure in lingue che, diversamente dall’italiano, hanno lo schwa all’interno del loro sistema fonologico». Per questo «si invita ad attenersi alle strutture grammaticali codificate per garantire chiarezza, leggibilità e accessibilità di testi e documenti»
Vera Gheno, sociolinguista e finalista del Premio Costa Smeralda, non è dello stesso avviso come si legge in un’intervista pubblicata sul Fatto.it: “La circolare del ministero è totalmente inutile. La questione centrale di questi usi è il contesto. È chiaro che fa differenza adoperare asterischi e schwa se si sta parlando di un contesto informale o in quello istituzionale. Le sperimentazioni linguistiche non ci dovrebbero stare in quest’ultimi».
Per l’autrice non ha senso porsi la questione essendo un «distrattore» rispetto a un problema più grande come la «revisione del burocratese nelle comunicazioni ufficiali». «Facciamo una simulazione: se, invece, di asterischi il ministero si fosse occupato di emoticon quale sarebbe stata la reazione? Si sarebbe detto è ovvio. Funziona allo stesso modo». Vero conclude dicendo che «così come non si possono imporre usi linguistici così non si possono vietare, solo nei totalitarismi accade che si ostacoli l’uso».
Riccardo Lo Re